LA POTENZA DI UN ABBRACCIO
di fra Massimo Corallo, Ofm
Icona: “Il ritorno del figliol prodigo”
Rembrant – 1666, olio su tela, museo dell’Ermitage – San Pietroburgo
Testo: L’abbraccio benedicente
Henri J. Nouwen
1. CENNI BIOGRAFICI SUGLI AUTORI
Rembrandt Harmenszoon Van Rjin (1606-1669), è un pittore olandese, nato a Leida nel 1606. Figlio di un mugnaio, proprietario di un mulino sulla riva del Reno, ha da questo preso il nome di “van Rijn” ossia del Reno. La sua famiglia, convertita al calvinismo, godeva di una discreta agiatezza economica.
Nella città di Leida c’erano manifatture tessili, attività commerciali, università e una scuola pittorica di cui un significativo esponente era Luca da Leida: una pittura fine, attenta alla resa dei dettagli.
Rembrandt conosce una rapida ascesa e fama di pittore e questo lo rende arrogante, sicuro di sé e polemico, lussurioso, spendaccione (spendeva molto più di quello che guadagnava), avido di denaro e di adulazione, orgoglioso e cosciente della propria bravura, dedito al vino e iroso...
In definitiva per buona parte della sua vita Rembrandt è stato come il giovane arrogante che se ne è andato da casa fino a perdersi.
Viene però il momento in cui lo coglie una serie di sventure: nell’arco di sette anni perde due figlie, un figlio e la moglie e rimane solo con un figlio di 9 mesi. Convive con la governante: un rapporto tumultuoso terminato con una causa legale. Si risposa e ha due figli: muoiono la moglie ed il figlio.
Epilogo: nel 1666 muore il figlio Tito e Rembrandt sprofonda nell’abisso della solitudine e si immerge nella pittura, soprattutto negli autoritratti.
Rembrandt muore nel 1669 nel silenzio e nell’isolamento. “Il ritorno del figliol prodigo” è databile 1668, un anno prima della morte. È un olio su tela di 2,43 cm x 1,82 cm acquistato nel 1766 da Caterina la Grande per l’Hermitage di S. Pietroburgo.
Henri Jozef Machiel Nouwen (1932-1996) è uno dei più noti scrittori di spiritualità dei nostri tempi. Sacerdote cattolico, olandese di nascita passò gran parte della sua vita vicino Toronto in Canada come pastore di una comunità di disabili mentali.
Nell'Abbraccio Benedicente Nouwen racconta come l'incontro con un poster raffigurante il dipinto di Rembrandt "Il ritorno del Figlio Prodigo" abbia cambiato la sua vita e lo abbia messo in cammino verso la misericordia di Dio Padre, dopo essersi analizzato come il figlio giovane della parabola di Gesù e poi come il figlio maggiore.
Egli scopre attraverso il volto commosso dipinto da Rembrandt, attraverso le mani che si poggiano paterne sulle spalle del figlio ritrovato, la paternità del Signore. Dio ci ama e ci viene incontro, le sue mani sono paterne e materne, come nel dipinto, una ci sostiene e ci dà fiducia ed ha l'apparenza di una mano maschile, l'altra ci accarezza ed ha la forma di una mano di madre.
Il viaggio spirituale fatto attraverso un dipinto e la Parola del Signore fa approdare l'autore alla conclusione che Dio gli chiede di diventare Padre, come lo è Lui, un padre che accoglie tutti, che non giudica, che non aspetta un grazie, non attende una parola di scusa, ma è sempre pronto ad abbracciare chi si era allontanato e a fare festa per averlo ritrovato.
2. L’OPERA DI REMBRANT
L’opera si ispira alla parabola del figlio prodigo, contenuta nella Bibbia.
La parabola dell'evangelista Luca (cap.15, vv.11-32), rappresentata in questo quadro, viene anche ricordata come "Parabola del Padre misericordioso".
La scena raffigura la conclusione della vicenda, ovvero il perdono del padre nei confronti del figlio pentito della propria condotta. Il giovane, vestito di stracci logori, è in ginocchio dinanzi al padre, di cui ha sperperato le sostanze. L'anziano lo accoglie con un gesto amorevole e quasi protettivo.
Sulla destra, osserva la scena un personaggio identificato col figlio maggiore, mentre sullo sfondo si distinguono due figure non ben identificate.
La luce scivola dai personaggi secondari per soffermarsi sulla scena principale e catturare così l'attenzione dell'osservatore, che si trova con gli occhi alla stessa altezza del figlio pentito, come se il pittore volesse suggerire un'identificazione tra finzione e realtà. Tuttavia, il particolare forse più importante di questo quadro, sono le mani del Padre misericordioso; se le si osservano attentamente possiamo notare che non sono uguali, ma sono una maschile ed una femminile. In questa rappresentazione non sono presenti donne poiché il "Padre misericordioso" che è il Dio che accoglie tutti, specialmente i peccatori redenti, non è solo il "nostro" Padre ma è anche la "nostra" Madre, Lui è il tutto.
Altro particolare notevole sono gli occhi del Padre, occhi di cieco; il Padre, Dio che ama l'uomo, ha consumato gli occhi nel guardare l'orizzonte in attesa del ritorno del figlio.
Il Dio misericordioso, immaginato da Luca e mirabilmente rappresentato in questo capolavoro di Rembrandt, rappresenta un salto impressionante nella modernità; la loro visione mistica contempla un Dio che perdona chi ha il coraggio di chiedere perdono invitando ad una visione più umana di religione. Al figlio maggiore, infatti, non basta aver "servito" il Padre, se non si rende conto di essere veramente "fratello" del peccatore (lo chiama "questo tuo figlio" nel dialogo col Padre) e se non riesce a cogliere la conversione ed il perdono per quello che è: un'occasione di festa per il ritorno alla vera vita.
I DETTAGLI
2.1 Il figlio più giovane
La sua figura dà il nome a tutto il quadro: i critici d’arte lo chiamano infatti Il ritorno del figlio prodigo. L’artista ha voluto raffigurare il suo passaggio dalla vita antica alla vita nuova. Egli è inginocchiato davanti al padre e affonda il viso nel suo petto. Effonde nel cuore del padre tutto il suo dispiacere, il suo pentimento, la sua stanchezza della vita. Trova in lui pace, sicurezza, accoglienza, perdono, amore. Il suo aspetto esterno è simile a quello di un servo e di un mendicante: indumenti mezzo stracciati e impolverati, calzari consumati, corda posticcia, borsa vuota.
Le uniche parti visibili del suo corpo sono il capo e un piede. La testa è nuda e rasata, come di uno che ha perso la sua fierezza e la sua indipendenza. Il piede sinistro è sfilato dal sandalo e coperto di cicatrici. Solo una piccola spada, che gli pende al fianco e che nessuno gli ha mai sottratto, richiama la sua antica nobiltà. Ma la sua dignità di figlio, mai perduta, traspare soprattutto dai lineamenti del volto: gli occhi chiusi indicano il dolore e il bisogno di tenerezza, la bocca silenziosa esprime la sincera confessione del suo cuore.
Mani e capo appoggiano filialmente sul petto e sul grembo del padre, come un movimento di ritorno alla condizione filiale della nascita e al grembo proteggente del genitore.
La prostrazione in ginocchio mostra la sottomissione filiale e la confidenza totale, unita al riconoscimento del proprio tradimento e della propria indegnità.
È un figlio che aveva tutto, che poi ha perso tutto e che ora ritrova tutto. Ha voluto sperimentare la sua libertà ed esercitare il suo potere. Ha deciso di costruirsi una vita da solo, lontano dal padre, dalla famiglia, dalla casa, dalla comunità. Si è appoggiato solo sul potere illusorio del denaro e sulle false amicizie. Ora qui vedo un uomo umiliato, sconfitto, calpestato, debole, affamato, solo. Ha perso i suoi beni più preziosi: la salute, la buona reputazione, l’onore, la fiducia in se stesso, il coraggio di lottare, l’amicizia, la pace interiore, la dignità di figlio, il focolare domestico.
Ma sente che gli è rimasto il bene più grande, che comprende tutti gli altri beni: suo padre. Il suo amore lo scuote: «Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre» (Lc 15,19-20).
2.2 Il padre
Il padre è dipinto come un uomo anziano mezzo cieco, con baffi e con barba bipartita, con una lunga tunica ricamata in oro e con un mantello rosso scuro. Egli è unito al figlio e il figlio è unito a lui. Non si possono disgiungere: il figlio si appoggia sul padre e il padre sostiene il figlio.
Nella sua composta immobilità infonde movimento a tutta la scena. Con i suoi occhi chiusi getta luce su tutti i personaggi. Con le sue braccia tese e le sue mani abbraccianti conquista tutti con il suo amore. Con la sua vita avanzata infonde nuova vita a chi sta per morire di stenti. Tutto parte da lui e tutto converge a lui. La luce del suo volto illumina i volti degli altri personaggi con diverse gradazioni.
Questa luce si fa viva e splendente soprattutto nelle sue mani. Le sue mani stesse diventano una fonte di luce e di calore. Tutto il corpo del figlio inginocchiato, ma specialmente il suo petto sede del cuore, sono invasi e penetrati dalle luce che emana da esse. Sono mani di fuoco che bruciano ogni male e infondono nuova vita. Sono mani che toccano e guariscono, donando speranza, fiducia, conforto. Queste mani attirano gli sguardi di tutti gli ammiratori della tela di Rembrandt.
I visitatori della tela originale e gli ammiratori delle sue riproduzioni ben presto concentrano su di esse la loro attenzione. Sono insieme simili e dissimili. La mano sinistra è forte e muscolosa. Le sue dita sono aperte e coprono gran parte della spalla destra del figlio prodigo. È una mano che stringe e sorregge. Ha i tipici lineamenti di una mano maschile. La mano destra invece è delicata, soave e molto tenera. Le dita sono ravvicinate e presentano un aspetto elegante. Essa è posata dolcemente sulla spalla. Non calca, ma piuttosto accarezza, protegge, consola, calma. È la mano di una madre. Due mani diverse per un unico amore: è insieme amore paterno e materno.
Tutto nel padre parla di amore: il volto assorto, le vesti che proteggono, il corpo che accoglie, le mani che abbracciano e benedicono. Il suo corpo si fa grembo accogliente e le sue mani trattengono, stringono e accarezzano il figlio ritrovato. Il suo amore assume tutte le tonalità e le espressioni: è accoglienza, perdono, pianto, tenerezza, dono, condivisione, benedizione, augurio, gioia, festa, vita, eredità. La sua generosità lascia stupiti tutti quelli che sono presenti alla scena: ognuno reagisce a suo modo, ma tutti rimangono meravigliati. Il grande mantello rosso avvolge il figlio: è come la casa ospitale, è come la tenda che invita al riposo e alla mensa.
Il padre anziano si abbassa verso il figlio, facendo una cosa sola con lui. Lo accoglie su una piccola elevazione: sia essa una pedana, sia essa la soglia di casa, è comunque simbolo della dignità e dell’onore ritrovati e della grandezza della condizione filiale.
La figura del padre è talmente centrale che giustamente il quadro si potrebbe anche chiamare L’accoglienza del padre misericordioso. Qualcuno chiama la parabola, rovesciando i termini, Il Padre prodigo, nel senso positivo di padre generosissimo e sovrabbondante nei suoi doni.
Il dipinto non evidenzia tutti questi doni oltre misura: vestito più bello, anello-sigillo, calzature di lusso, vitello grasso, banchetto sontuoso, orchestra musicale. Ma il pittore pone tutti questi doni nel cuore del padre: ivi è la sorgente di ogni bene. Il vangelo stesso pone al centro della parabola e come culmine del racconto l’atteggiamento del padre: «Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 14,20). Il verbo centrale è: «si commosse», che letteralmente significa: si sentì rimuovere nelle viscere, cioè si sentì toccare nel profondo del suo cuore.
2.3 Il figlio maggiore
L’uomo che sta in piedi alla destra della pedana è il figlio maggiore. C’è una distanza tra lui e il padre che abbraccia il figlio. Si percepisce non solo una distanza fisica, ma anche un distacco spirituale, una separazione dall’atteggiamento del padre e una ripulsa di fronte al fratello ribelle. Si sofferma meravigliato a guardare la scena di benvenuto.
Ha uno sguardo enigmatico, tra il duro e l’incredulo, tra lo smarrito e l’indeciso. Guarda il padre, ma non esprime gioia o consenso. Si protende in avanti, non vuole sentirsi coinvolto. Vuole giudicare, ma in qualche modo si sente anche lui giudicato. Ha l’aria di chi è risentito, sdegnato, offeso, ma il suo volto sembra anche pensoso. Interroga, ma sente di essere interrogato.
Già al primo sguardo, si nota subito che questo figlio maggiore assomiglia più al padre che al fratello. Come il padre, anch’egli sta ritto sui suoi piedi, porta la barba, indossa un ampio mantello rosso sulle spalle, ha il capo coperto da un bel turbante, ha il volto illuminato. Ma d’altra parte uno sguardo più attento mostra anche quanto sia dissimile dal padre. Leggermente inchinato l’anziano genitore, superbamente ritto il figlio maggiore. Gli occhi del padre sono chiusi, quelli del figlio sono aperti. Ma è il primo che vede bene, mentre il secondo «pur vedendo, non vede» (Mt 13,13). Il mantello del padre è ampio e accogliente, quello del figlio è rigido e aderente al corpo, quasi possesso egoistico. Le mani del vecchio sono aperte e appoggiate sulle spalle del figlio perduto e ritrovato. Le mani del figlio rimasto a casa sono strette e quasi legate, appoggiate sul proprio petto, mentre reggono un bastone (bastone del viaggio, del lavoro, del comando?). La luce sul volto del figlio maggiore rimane circoscritta e non si diffonde, mentre la luce del volto del padre si riverbera sul figlio e gli comunica luminosità e calore.
Tutte queste considerazioni possono condurci a dare un terzo titolo al quadro di Rembrandt, oltre ai due già suggeriti. Potrebbe giustamente essere anche chiamato La parabola dei due figli perduti. Con quei sentimenti di astio e di risentimento, anche il figlio maggiore era perduto. La parabola raccontata da Gesù ci dice che il più giovane è stato ritrovato, ma non dice nulla sull’esito finale del figlio maggiore. È una parabola aperta, senza apparente conclusione. Anche il pittore olandese lascia aperta ogni via. Ogni ascoltatore della parabola e ogni ammiratore del dipinto è invitato a lasciarsi coinvolgere, a immedesimarsi in uno dei personaggi e a dare liberamente la sua risposta.
2.4 Gli altri personaggi
Gli altri personaggi del quadro sono figure minori che completano la scena. Essi mostrano la reazione personale a quello sta accadendo, che può esser di maggior o minor partecipazione o persino di critica e di distacco. Accanto al figlio maggiore sta un uomo seduto, con una gamba accavallata sull’altra e una mano al petto. È ben vestito, ha il volto leggermente illuminato, gli occhi aperti e la bocca chiusa. Non guarda direttamente la scena dell’abbraccio, ma guarda fisso nel vuoto. Riflette, sogna, critica, approva, è incerto, si fa tante domande. Questo personaggio può ben rappresentare le persone che criticavano il comportamento di Gesù. Infatti le tre parabole della misericordia (pecorella smarrita, dramma perduta e figlio prodigo) sono state narrate da Gesù, perché «i farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro» (Lc 15,2).
Dietro all’uomo seduto, leggermente scostato, si vede una donna appoggiata ad un’arcata dell’abitazione. Sta in piedi tra l’uomo seduto e il padre, situandosi quasi al centro geometrico della scena. Solo il suo capo è illuminato, risaltando nella penombra. Il suo volto esprime gioia contenuta, incredulità, meraviglia, coinvolgimento. Il personaggio corrisponde alla parabola di Gesù, che parla di festa, allegria, musica e danze (cfr. Lc 15,25). Infine sullo sfondo buio si intravede appena un’altra donna, visibile solo nel volto e di profilo. Nel suo atteggiamento si può cogliere una fuggevole occhiata alla scena ed è difficile cogliere i suoi sentimenti: curiosità, nascondimento, compassione, meraviglia, paura o desiderio di coinvolgimento?
Una nota comune a tutti questi personaggi minori è l’atteggiamento enigmatico, che dà adito a diverse letture. Ciò significa che il dipinto, così come del resto il racconto stesso del vangelo, pone anche una nota restrittiva. Esso non è aperto spontaneamente a una soluzione rapida e facile della questione. Non si intravede subito una riconciliazione universale, un racconto a lieto fine per tutti. Permane la domanda sull’esito del dialogo del padre col figlio maggiore e la domanda sul senso della presenza dell’uomo seduto e delle due donne.
Ogni riconciliazione implica infatti una lotta interiore e una libera decisione nella direzione dell’amore.
3. L’OPERA DI NOUWEN
Le pagine di Nouwen mi hanno dato la possibilità di riconoscere e applicare i concetti fondamentali approfonditi nel nostro laboratorio formativo, ed in particolare come la comunicazione verbale si coniuga perfettamente con quella iconografica, come l’una fa uso dell’altra, come l’icona completa la parola e questa, a sua volta, che sia scritta o parlata, riesca a creare immagini.
Per comprendere meglio il contesto da cui prende vita sia l’opera di Nouwen, sia di Rembrandt, rileggiamo insieme la Parabola del Padre misericordioso (o del Figliol prodigo) riportata da San Luca nel suo Vangelo.
3.1. Il Padre misericordioso (Lc 15,11-32)
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»».
Questa parabola è considerata da sempre come la perla delle parabole, un “vangelo nel Vangelo”. Lo stile è accurato, e manifesta, oltre che un'arte raffinata anche una partecipazione intensa del redattore.
Il testo è inserito nella sezione 15,1-17,10 che tratta della giustizia di Dio, in contrapposizione alla giustizia degli uomini. Questi emettono sentenze e condanne secondo criteri di eguaglianza, per lo più di convenienza; Dio, al contrario, esercita la giustizia di Padre e di Madre per recuperare sempre i figli del suo amore. Il perdono di Dio diventa fondamento del perdono reciproco degli uomini, e il perdono vicendevole degli uomini diventa il sacramento visibile della misericordia di Dio.
La parabola ha due vertici:
- la prima parte (15,11-24) ha un senso completo in se stessa e illustra il tema della misericordia divina;
- la seconda parte (15,25-32) rappresenta la risposta di Gesù alle mormorazioni dei farisei e contiene l'insegnamento principale nel contesto apologetico nel quale è inserita.
Grazie allo svolgimento della narrazione e al dinamismo fra i vari personaggi, è l'unica Parabola evangelica ad aver più volte ispirato gli artisti. Tra le opere più significative si ricordano:
- Figliol prodigo pasce i maiali (1510) di Hieronymus Bosch
- Ritorno del figliol prodigo (1619), olio su tela, di Guercino, esposto al Kunsthistorisches Museum di Vienna
- Figliol prodigo dissipa i beni con una prostituta (1635 ca.), olio su tela, di Rembrandt, custodito nella Gemäldegalerie di Dresda
- Ritorno del figliol prodigo (1658), olio su tela, di Mattia Preti, conservata nel Palazzo Reale di Napoli
- Ritorno del figliol prodigo (1667 - 1670), olio su tela, di Bartolomé Esteban Murillo, custodito nel National Gallery of Art di Washington (Stati Uniti d'America).
- Ritorno del figliol prodigo (1668 - 1669), olio su tela, di Rembrandt, esposto nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo (Russia)
- Ritorno del figliol prodigo (1773), olio su tela, di Pompeo Batoni, custodito nel Kunsthistorisches Museum di Vienna
- Il figliol prodigo (1926), bronzo, di Arturo Martini, esposto presso l'Opera Pia Ottolenghi di Acqui Terme (AL).
- Il figliol prodigo (1975), olio su tela, di Giorgio de Chirico, conservato nella Casa-museo Giorgio de Chirico di Roma.
3.2. L’abbraccio benedicente
Riporto le parole dirette dell’autore che offrono la possibilità di entrare nel cuore della sua opera.
«Quando, nell'autunno del 1983, ho visto per la prima volta il poster di Rembrandt, tutta la mia attenzione è stata attratta dalle mani del vecchio padre che stringevano al petto il figlio appena tornato. Vi ho visto perdono, riconciliazione, guarigione; vi ho visto anche sicurezza, riposo, calorosa accoglienza. Sono stato toccato così profondamente dall'immagine dell'abbraccio caloroso fra padre e figlio, perché tutto in me desiderava ardentemente essere accolto allo stesso modo in cui il figlio prodigo veniva accolto. Quell'incontro si è rivelato come l'inizio del mio stesso ritorno. La comunità de L'Arche è diventata gradualmente la mia casa. Mai nella mia esistenza avevo immaginato che uomini e donne con handicap mentali sarebbero stati quelli che avrebbero posato le loro mani su di me in un gesto di benedizione e mi avrebbero offerto una casa. Aver osservato il dipinto per la prima volta facendo visita a una comunità di handicappati mentali mi è servito per stabilire una connessione che è profondamente radicata nel mistero della nostra salvezza. Si tratta della connessione tra la benedizione data da Dio e la benedizione data dai poveri. Rembrandt mi ha condotto dal figlio più giovane inginocchiato e scarmigliato al padre in piedi e ricurvo, dal luogo in cui si è benedetti al luogo in cui si benedice. Quando guardo le mie mani invecchiate, capisco che mi sono state date per tendersi verso tutti quelli che soffrono, per posarsi sulle spalle di tutti quelli che vengono, e per offrire la benedizione che emerge dall'immensità dell'amore di Dio» (cfr. Epilogo dell’opera).
4. CONCLUSIONE
In conclusione possiamo ben affermare che la lettura comparata di testi letterari e testi iconici risulta una grande forma di apprendimento che permette non solo di analizzare e interpretare due forme di linguaggio, non solo di conoscere i diversi codici sottesi, ma di scoprire due vere e proprie espressioni culturali colte nelle loro interrelazioni.